Un DPCM tira l’altro. Cosa dovrebbe chiedere una seria opposizione.

Nel mondo accademico anglosassone comincia finalmente a farsi strada l’idea che hanno avuto ragione i paesi asiatici e oceanici nella gestione dell’epidemia. L’unica strada veramente efficiente per combattere il Covid e le pandemie prossime venture è agire subito e spegnerle sul nascere, senza perdere un minuto, come hanno fatto brillantemente Taiwan, la Cina continentale (tralasciando le colpe e le bugie legate all’origine dell’epidemia), il Vietnam, la Corea del Sud, il Giappone, la Nuova Zelanda, l’Australia, Cuba in America Latina ecc. Paesi diversi ideologicamente fra di loro (sempre che esistano ancora ideologie nell’era del mercato globale cosa di cui possiamo dubitare fortemente) ma qui signori l’ideologia non c’entra niente, è “solo” una questione di salute pubblica e di sopravvivenza dignitosa della specie umana, non confinati in bolle o sottoterra come topi come propone qualcuno, seguendo le orme del Dottor Stranamore. Nessuno di questi paesi ha pensato di convivere col virus come, catastroficamente, abbiamo deciso noi: dopo l’esperienza della SARS e di altre devastanti malattie zoonotiche, coi costi sociali ed economici che questo comporta – e non certo per idealismo ma per un calcolo economico più corretto del nostro – hanno capito che occorre sbarazzarsi del coronavirus portando l’epidemia allo spegnimento, con le strategie di contenimento già sperimentate per la SARS: per poter riprendere velocemente la vita sociale, l’istruzione, le attività economiche. Come sta puntualmente succedendo, mentre noi ci avviamo grazie agli errori e alle sottovalutazioni dei nostri governi verso 5 mesi infernali.

Finora il mondo anglosassone, che nel bene e nel male continua a dare la linea alla comunità scientifica occidentale, ci ha spinti nella direzione sbagliata. Anche perché in mano ad amministrazioni negazioniste, come quella di Trump e di Boris Johnson (il primo è un pazzo pericoloso e incorreggibile, il secondo sta lentamente cambiando orientamento anche perché ad aprile se l’è vista personalmente brutta in terapia intensiva) che hanno combinato un disastro colossale e hanno spinto anche la colonia europea, la gilda dei mercanti senza visione e senza strategia della UE, verso una strategia sbagliata e criminale e che sta causando centinaia di migliaia di vittime non necessarie nel cuore dell’Europa. Ma la realtà è che superando la soglia dei 10 mila morti, anche la grande Germania è entrata nel triste club del fallimento. La proverbiale e invidiabile superiorità tecnico-scientifica tedesca è andata letteralmente a farsi benedire, sacrificata sull’altare della “gilda dei mercanti e dei banchieri” che tiene in pugno la politica europea. Poi qualcuno può bersi la panzana della grande cancelliera che tutto vede e provvede, ma non ce la venga a raccontare. Certo hanno fatto meglio di noi, ma per il loro standard è un colossale fallimento.

Nei paesi asiatici le vittime sono state al massimo poche centinaia, a Taiwan sono meno di dieci. Le infezioni sono state contenute al massimo perché questa è la caratterista del Covid: quando i numeri diventano grandi ci sono tanti morti (Bucci). Ciascuno ha adottato una sua strategia interna, parzialmente diversa da quella altrui, ma tutte hanno funzionato e hanno avuto forme di coordinamento. Ci si chiede che cosa ci trattiene dal prendere atto degli errori, dal fare una doverosa autocritica e imparare da chi ha fatto meglio di noi, abbandonando la solita spocchia occidentale almeno quando non è proprio il caso di esibirla di fronte a un colossale fallimento. Si chiede infatti sul Guardian la professoressa di igiene pubblica Devi Sridhar:Paesi come il Vietnam e la Nuova Zelanda stanno riaprendo grazie a delle strategie vigorose. Quando ci decideremo a imparare da loro?

Tutti attendiamo il vaccino che ci salverà, ma siamo sicuri che l’attesa del vaccino miracoloso sia la soluzione giusta? Pare proprio di no: tali e tanti sono i virus di origine animale candidati a fare il salto di specie nella comunità umana, a causa della pressione delle attività umane sulle foreste, sulla biodiversità e la biosfera, che quello che serve è un coordinamento e una strategia condivisa della comunità internazionale.

Sorvolando sul penoso dibattito parlamentare cui ci tocca assistere a casa nostra, con l’opposizione dei ciarlatani della destra, unitamente al club degli incompetenti “governatori” regionali, che prima chiedono di collaborare e poi scappano via quando sono invitati al tavolo perché non hanno la minima idea di cosa proporre, se non fare i furbi cercando di scaricare sul governo ogni responsabilità per le decisioni impopolari e l’impatto sociale che le ripetute chiusure comportano, che cosa dovrebbe chiedere una seria opposizione, di sinistra, socialdemocratica e socialista, ecologista, al governo italiano? Perché comunque quella delle chiusure non è la strategia giusta, è solo la scelta obbligata quando si arriva vicini al collasso del sistema sanitario. E avere una strategia eviterebbe tanti morti e consentirebbe alla sanità di prendersi cura di chi soffre di tutte le altre patologie.

Una opposizione seria dovrebbe chiedere di più, non di meno. Per poter liberare le attività economiche e la scuola bisogna spegnere l’epidemia in attesa di cure ed eventuali vaccini. Le altre soluzioni sono fallimentari perché il riportare la curva parzialmente sotto controllo, comporta la necessità dopo un certo tempo di nuovi, dannosi lockdown. E quindi chiedere che si adotti un piano come quello coreano o come quello vietnamita, che pur usando meno tecnologia della Corea del Sud e mezzi più tradizionali, come gli annunci sui giornali, ha ottenuto benissimo il risultato. Il governo italiano annunciando di voler mappare il territorio per aree di rischio va nella giusta direzione, ma troppo lentamente e senza la volontà politica di andare fino in fondo, preferendo raccontare la favola del vaccino miracoloso (che ci sarà per il Covid-19, ma non è detto che ci sarà per tutte le future prossime epidemie) e del “recovery fund” che non arriva mai. Anche il dibattito sulla scuola dovrebbe uscire da binari ideologici (come chiede anche il sindaco della sinistra laburista di Great Manchester, Andy Burnham): è doveroso riaprire al più presto tutte le scuole di ogni ordine e grado, ma per poterlo fare occorre utilizzare queste settimane per rivedere completamente la strategia di riapertura ed essere consapevoli che per poter riaprire la scuola, che sembra avere un impatto significativo nella diffusione del contagio almeno quando l’epidemia è attiva (Battiston), occore prima spegnere l’epidemia, riducendola a livelli talmente bassi da non rendere necessari in futuro nuovi lockdown (Sridhar) ma tenendola sotto controllo coi sistemi di tracciamento. Peraltro l’Italia è andata veramente molto vicina questa estate a questa possibilità, ma la catastrofica mancanza di coordinamento e di una guida europea, che ha riaperto indiscriminatamente le attività turistiche, ci ha rispediti nel caos (certo, è più facile prendersela col comportamento individuale dei cittadini, e in parte anche giusto, ma in primo luogo occorre guardare alle responsabilità dei decisori politici europei che hanno deciso male, con incompetenza e in malafede).

Nel mondo anglosassone, come dimostrano gli interventi sul Guardian qui sopra riportati, stanno cominciando ad accorgersi di avere sbagliato. Se tale posizione diventa “consensus” e se Trump se ne va via, cosa niente affatto scontata, seguiremo a ruota anche noi.

Filippo Boatti

2-11-2020